Massimiliano Badiali

I parametri della complessità o il labirinto dell'educazione

 

I PARAMETRI DELLA COMPLESSITA'

O IL LABIRINTO DELL'EDUCAZIONE

 
 
 

 

Prima di affrontare il concetto di complessità ripercorreremo brevemente le tappe che hanno portato il pensiero contemporaneo ad interpretare la realtà secondo un’ottica complessa, analizzando il passaggio dal pensiero forte al “pensiero debole”. (paragrafo 1)

In secondo luogo arriveremo a dare una seppur parziale e incompleta definizione di complessità, termine che ancora sfugge ai tentativi di categorizzazione per la sua stessa natura. Procederemo in maniera indiretta e in negativo, dicendo cioè cosa non è la complessità. (paragrafo 2)

Prenderemo infine in considerazione le implicazioni della complessità in ambito glottodidattico. (paragrafo 3)

 

1-Le tappe che hanno portato alla formazione della complessità o pensiero debole.

 

 

1.1-Epocalità

 

La complessità è ciò che caratterizza oggi la nostra vita, il nostro quotidiano, il nostro modo di pensare, a volte senza neanche che ce ne rendiamo conto. Ma com’era “prima”? Come e quando è nata la complessità?

Parlando di pensiero debole dobbiamo necessariamente delineare l’epoca entro cui si sviluppa, la contrapposizione ma anche la continuità con il periodo che lo ha preceduto.

 

1.2-L’epoca moderna.

 

L’epoca moderna della società occidentale inizia a grandi linee nel rinascimento, prosegue con l’illuminismo e finisce con l’inizio del XX secolo. Il pensiero moderno, da Cartesio al positivismo di Comte, si caratterizza per:

 

·        la fiducia nella scienza e nelle possibilità di conoscenza e controllo di tutti i fenomeni

·        la fiducia nelle possibilità di miglioramento dell’uomo, di progresso, di evoluzione

·        l’idea di poggiarsi su principi stabili, universali ed immutabili

·        l’idea di fondare l’identità su valori certi e predeterminati.

 

La scienza aveva la pretesa di essere in grado di descrivere oggettivamente e definire univocamente la realtà in tutti i suoi aspetti attraverso leggi universali in cui le eccezioni erano bandite oppure riassorbite entro le regole.

 

 

 

1.2.3- L’epoca postmoderna (da www.forma-mentis.net)

 

L’epoca postmoderna inizia nel mondo occidentale a partire dal XX secolo ma non abbiamo date precise per cogliere l’origine di questo periodo.

Nel corso del ‘900 le scienze vivono una fase di trasformazione parallelamente all’umanità, che entra in una fase di transizione, di crisi: la chiarezza scientifica, le certezze entrano in crisi. Storicamente si assiste ad una progressiva perdita di autorità delle istituzioni politiche e religiose, al deteriorarsi dei valori etico-morali, alla crisi della scienza, al declino del pensiero totalizzante.

A questa crisi generale che coinvolge ogni ambito della vita sociale, che potremmo chiamare ambito macro, corrisponde a livello micro la crisi individuale, del soggetto, che perde ogni riferimento forte ed è incapace di determinare con sicurezza la propria identità, di pianificare il proprio vissuto: la condizione dell’uomo contemporaneo è quella di incertezza, nichilismo dei valori, caducità, precarietà.

Il filosofo francese J.F. Lyotard è stato il primo teorizzatore di quest’epoca, che egli ha chiamato appunto postmoderna (la condizione postmoderna, 1979).

In Italia il filosofo G. Vattimo ha messo in luce la tendenza dell’epoca contemporanea a non raggiungere nessun tipo di verità stabile o definitiva (il pensiero debole, 1983).

 

1.3- Il panorama attuale

1.3.1- crisi dei fondamenti del pensiero scientifico

 

Per comprendere la realtà non possiamo più, come faceva la scienza classica, ridurre, sminuzzare, frazionare un fenomeno in tante parti (riduzionismo e separazione), né prendere solo in considerazione il tutto, la totalità di un fenomeno (generalizzazione). Si sceglie allora un “tipo di spiegazione in movimento, circolare, una spiegazione per cui per cercare di comprendere un fenomeno si va dalle parti al tutto e dal tutto alle parti” (Morin, Le vie della complessità,pag.478, in Remo Fornaca, Dalla certezza alla complessità,Principato,1993).

Secondo le nuove frontiere della ricerca scientifica la realtà non è solo caso né solo determinismo ma l’insieme di entrambi, quindi ha aspetti prevedibili e altri che non lo sono. Inoltre non si può prescindere dall’osservatore, che deve integrarsi nella sua osservazione, nel suo tempo, nella sua dimensione locale.

Scoperte quali (cfr.: http://monografias.com/trabajos14/teoria-complejidad/teoria-complejidad.shtml)

·        la teoria della relatività di Einstein, per cui diviene fondamentale il dittico dell’hic et nunc in quanto spazio e tempo non sono che concetti relativi e per di più convenzionali,

·        il principio di incertezza o indeterminazione di Heisenberg, per cui cade la legge causa-effetto,

·        la teoria del caos, per cui c’è una continuità e complementarità tra ordine e disordine, c’è un continuum tra equilibrio e disequilibrio,

·        il teorema di incompletezza di Gödel, per cui esistono problemi irrisolvibili scientificamente,

·        l’ologramma di Gabor, per cui il tutto è nella parte e viceversa, così come ogni cellula del nostro corpo contiene in sé le informazioni di tutto l’organismo,

·        l’effetto farfalla di Lorenz, per cui anche la più piccola e apparentemente insignificante causa può portare a enormi cambiamenti,

·        il paradosso di Bohr, per cui ogni fenomeno è costituito da infinite interzioni che è impossibile calcolare,

·        la fisica quantica

·        la geometria frattale

 

hanno rimesso in discussione tutti gli ipse dixit, le certezze della conoscenza scientifica e hanno evidenziato che la verità assoluta non esiste, la relatività ha soppiantato l’assoluto, non può esserci nessun a-priori e nessun dogmatismo.

 

1.3.2- Crisi del metodo delle scienze umane

 

La modifica e sostituzione dei modelli precedenti non avviene solo nei settori della fisica, matematica, biologia, chimica ma anche in quelli della sociologia, psicologia, pedagogia e didattica. Inoltre scienze più giovani quali l’antropologia culturale, l’etnografia, la sociolinguistica, la glottodidattica, hanno contribuito alla scoperta e valorizzazione di culture diverse, mettendo in luce la relatività del concetto stesso di cultura e di altri valori fino a poco tempo fa considerati assoluti ma in realtà eurocentrici.

Secondo le scienze umane, che si fanno sempre più interconnesse le une alle altre, l’uomo non può essere analizzato e spiegato con metodi tradizionali in quanto non è semplicemente la somma di tanti elementi, ma la costruzione, decostruzione e ricostruzione continua di una molteplicità di variabili proprie non solo del soggetto ma di una pluralità di soggetti, inseriti in una società complessa. Le scienze umane quindi, per affrontare e dare risposte all’insieme delle problematiche dell’uomo contemporaneo, adottano la prospettiva della complessità, l’unica in grado di tener conto di tutte le componenti in gioco, di tutti i partecipanti ad un’interazione, della categoria a-scientifica dell’imprevisto.

Le scoperte che hanno portato le scienze umane al cambiamento non sono facilmente delineabili come quelle delle scienze matematiche e naturali, forse proprio a causa dell’oggetto stesso di indagine, l’uomo. Basterà qui dire che la quantità delle teorie e correnti che si sono susseguite e a volte contrapposte a partire dalla fine dell’ottocento ad oggi basta da sola a rendere conto dell’ampiezza e complessità del campo di studio. Ogni teoria prendeva in considerazione un ambito particolare e delineava un metodo (la psicanalisi di Freud, l’attivismo di Dewey, l’epistemologia genetica di Piaget, il comportamentismo di Skinner…). La tendenza attuale è quella di integrare i vari ambiti, adottando di volta in volta approcci diversi a seconda dei casi e contemporaneamente aprirsi ad una visione interdisciplinare dei saperi e della ricerca.

Concludiamo questo primo paragrafo dicendo che la crisi della scienza non è vista comunque in senso negativo: crisi significa cambiamento, in questo caso ad un sistema basato sulla fiducia nella razionalità si sostituisce un sistema basato sulla relatività delle interpretazioni. Nell’ammettere i propri limiti la scienza accetta anche di convivere con l’incertezza: i sostenitori della teoria della complessità non negano il ruolo della ragione, dell’ordine, dell’organizzazione, ma sostengono che la vita, l’evoluzione, il cambiamento convivono col disordine, col caos, l’instabilità, l’irriducibilità delle variabili. La centralità della ricerca scientifica contemporanea è rappresentata dalla sfida della complessità.

 

 

 

(…) Ordine e Disordine sotto sotto

si desiderano e alla fine si incontrano.

Luciano de Crescenzo, Ordine e disordine,1996.

 

2- Teorie e definizioni di Complessità

 

Le parole complessità e complesso oggi ricorrono spessissimo nel nostro lessico quotidiano. In generale quando pensiamo alla complessità facciamo riferimento a qualcosa di difficile, complicato, intricato, molteplice, variegato, multiforme, articolato, approfondito, eterogeneo, oppure procediamo con definizioni sottrattive e negative, come non semplice, non banale, non scontato, non riducibile a…

La mancanza di una definizione fa sì che il termine rimanga un po’vago, indefinito, dice tutto e non dice niente: per ora scegliamo di parlare della complessità senza darne anticipatamente una definizione univoca ma prendendo in considerazione alcune parole chiave che a nostro avviso la caratterizzano.

Proviamo per un attimo a contrapporre il passato, vale a dire l’epoca moderna, e l’epoca attuale, postmoderna, entro cui si sviluppa la complessità. Il nostro vivere quotidiano è caratterizzato dalla globalizzazione dei consumi e dell’informazione, dallo sviluppo tecnologico, dall’accelerazione del tempo, dal restringimento dello spazio, dalle nuove forme di povertà… Potemmo dire, riassumendo e semplificando molto, quindi procedendo in modo non complesso, che se il moderno era X, il postmoderno  si caratterizza in quanto multi-, pluri-, trans-, meta-, anti-, dis-, post-X..

Guardiamo lo schema:

Franco Cambi, La complessità come paradigma formativo, in M.Callari Galli, F.Cambi, M. Ceruti, Formare alla complessità. Prospettive dell’educazione nelle società globali, Carocci, 2004, pagg. 127-176

Potremmo soffermarci su ognuno di questi termini e ce ne sarebbero molti altri ancora ma non lo facciamo per motivi di tempo. Diciamo comunque che il paradigma della complessità in realtà non esclude ma integra i diversi aspetti: non c’è contrapposizione ma continuità.

 

Un modo simpatico per spiegare la complessità è attraverso questi disegni di G. Livraghi (http://gandalf.it/uman/append2.htm ). Il pensiero forte, lineare può essere rappresentato da una linea retta che va da un punto ad un altro, raggiunge direttamente lo scopo, è la diretta conseguenza di una causa, non considera deviazioni, eccezioni, altre possibilità:

 

Quando adottiamo invece una prospettiva complessa, dobbiamo necessariamente tener conto delle tante variabili, di possibili ostacoli nel percorso, elementi che ci fanno fare delle deviazioni:

 

 

Le variabili e gli imprevisti obbligano a degli aggiustamenti e riadattamenti continui e dinamici da parte del sistema stesso, che si riconfigura per raggiungere nuovi equilibri; la complessità impone di rimettersi in discussione, di negoziare le regole, niente è già appurato o dato per scontato. La complessità è data da piani diversi che sono distinti e interconnessi allo stesso tempo, in un’ottica multidimensionale: per continuare ad andare nella stessa direzione l’insieme degli elementi ha bisogno di una bussola che li orienti, vale a dire di un’organizzazione, un certo ordine, che quindi non viene negato dalla prospettiva complessa:

 

 

 

I teorici della complessità elaborano il concetto in maniera molto più approfondita. Uno dei primi a farlo è stato l’epistemologo francese Edgar Morin, i cui studi sono stati ripresi in Italia da Franco Cambi e Mario Ceruti. Morin in La testa ben fatta-riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, 2000. (cfr. www.biblio-net.com/lett/linguistica/didattica/concetto_complessità.htm e Franco Cambi, La complessità come paradigma formativo, in M.Callari Galli, F.Cambi, M. Ceruti, Formare alla complessità. Prospettive dell’educazione nelle società globali, Carocci, 2004, pagg. 127-176.) ricorre ad una spiegazione etimologica del termine complesso, dal latino complexus, ciò che è tessuto insieme. Elenca poi sette principi per un pensiero che vuole essere complesso e che sia in grado di rispondere alle sfide poste dalla complessità.

Questi principi vengono accolti dalle scienze che si occupano di educazione, istruzione o, come lo chiama Morin, di insegnamento educativo. Tra queste scienze c’è anche la golottodidattica, di cui adesso ci occuperemo.

 

3- Implicazioni per la glottodidattica.

 

In glottodidattica oggi si preferisce non parlare di metodo ma di approcci, proposte, in quanto il processo di Insegnamento/Apprendimento è un sistema dinamico che include diversi protagonisti e prende in considerazione molte variabili: non ci può essere un metodo unico, precostituito, calato dall’alto, ma sono necessarie una serie di proposte che siano calibrate su di una classe concreta, sugli alunni e i loro bisogni.

La metodologia tradizionale entra in crisi per lasciare spazio ad altri approcci, in particolare all’approccio comunicativo, entro cui si riconoscono varie proposte, da quelle più “deboli” come il metodo nozional-funzionale di Wilkins, l’approccio lessicale e la Total Physical Response (TPR) (Coppola, Dal formato didattico allo scenario, pag. 51-56) a quelle “forti” come l’insegnamento basato su compiti e progetti o task based à attività di problem solving, simulazioni, role plays, attività di project work (Coppola, Dal formato didattico allo scenario, pag. 81), oppure la Strategic Interaction o scenario di Di Pietro (Coppola, Dal formato didattico allo scenario, pag. 89 e seguenti).

L’approccio di tipo integrato è quello che a nostro avviso rientra meglio nell’ottica complessa. Questa proposta seleziona ed integra varie tecniche e strategie di insegnamento di altri approcci e le adatta alle diverse modalità di apprendimento linguistico (Coppola, Dal formato didattico allo scenario, pag. 171).

 

3.1- Soggetto, predicato e oggetto della glottodidattica.

 

Con questo titolo ripreso dall’analisi logica della lingua intendiamo identificare le componenti che rientrano nell’ambito di studio della glottodidattica, vale a dire all’interno del processo di Insegnamento/Apprendimento. In quanto tale il processo si caratterizza per la sua dinamicità, ciclicità, ricorsività; inoltre si tratta di un sistema negoziato tra le parti, tra i soggetti, e calibrato sulle situazioni reali, ai bisogni concreti.

·        Il o meglio i soggettià gli ultimi approcci hanno posto al centro del processo I/A l’alunno, con i suoi bisogni, motivazioni, caratteristiche cognitive, emotivo-affettive-relazionali, stili di apprendimento, intelligenze multiple. L’apprendente viene considerato attivo e non passivo. Si tiene conto però anche dell’insegnante, del suo ruolo all’interno del processo, i suoi stili comunicativi, l’atteggiamento di ascolto empatico nei confronti dei ragazzi.

·        L’oggettoà la lingua. Ma quale concetto di lingua? I metodi tradizionali prendevano in considerazione una competenza di tipo grammaticale (Chomsky); oggi il concetto si è ampliato molto e il processo di I/A ambisce a raggiungere la competenza comunicativa (Hymes), che include al suo interno varie competenze, come la stessa competenza linguistica ma anche competenza strategica, sociolinguistica, discorsiva, testuale, paralinguistica, culturale, extralinguistica e metalinguistica. Cfr. Coppola, Dal formato didattico allo scenario , pag. 74 e seguenti

·        Il predicato, ovvero il come si attua il processo di I/Aà questo è a nostro avviso il punto cruciale della glottodidattica, ciò che la rende a tutti gli effetti una disciplina complessa. L’insegnamento per essere efficace oggi, per raggiungere i suoi obiettivi di apprendimento, deve

1.     avere una dimensione programmatica, progettuale e valutativa. La valutazione e autovalutazione, attraverso strumenti quali l’osservazione, l’intervista e il questionario, assumono particolare importanza in quanto strumenti in grado di analizzare i bisogni e riadattare il processo in itinere.

2.     essere interdisciplinare e trasversale, in quanto oltre ed essere interdipendente e correlato ad altre discipline nel perseguire gli obiettivi di competenza comunicativa sopra menzionati, si pone anche obiettivi di tipo transdisciplinare che riguardano la formazione ed educazione globale della persona.

3.     assumere una postura di ecletticità e relativismo nell’adozione delle metodologie, cioè deve integrare tecnichee metodologie proprie di altre discipline come la psicologia, la sociologia, l’antropologia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'insegnamento deve necessariamente tener conto della complessità

Si rinnova e si adatta ai contesti in senso costruttivista, interdisciplinare e interculturale

Si pone l’obiettivo di rendere il soggetto in grado di apprendere, di affrontare l’incertezza, di attuare strategie di soluzione dei problemi

Costruisce un percorso formativo che accoglie la Differenza contro ogni forma di riduzionismo e dogmatismo

 

 

d.ssa Anna Laura Fani, dr.ssa Claudia Domini e dr.ssa Piera Bordigoni

 
 

All rights belong to its author. It was published on e-Stories.org by demand of Massimiliano Badiali.
Published on e-Stories.org on 11/27/2006.

 
 

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